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In Sardegna, dopo l'anno mille, contemporaneamente ad un certo risveglio culturale e commerciale, dovuto soprattutto alla penetrazione del monachesimo attraverso i Benedettini, i Vittorini, e altri ordini, e con l'irruzione della cultura romanica, si registrò un grande risveglio artistico che portò alla costruzione di numerosi edifici religiosi.
Nel comune di Ghilarza, ad esempio, si trova la chiesa di San Pietro di Zuri, in stile romanico-lombardo, questo edificio risale al 1291, data della sua consacrazione. Il maestro che guidò i lavori (come ci riporta la lapide di fondazione) fu Anselmo da Como e fu un’iniziativa promossa dal Giudice Mariano II D’Arborea, in seguito ad altre opere di edilizia. Questo luogo religioso porta con se tante singolarità tra cui i connotati stilistici e la storia. Innanzitutto il sito in cui oggi è ubicata la chiesa non è quello originario, in quanto, in seguito alla costruzione della diga sul Tirso per creare il lago Omodeo, il quale riuscì a sopperire le richieste idriche della popolazione, venne spostata in un posto sopraelevato onde evitare che venisse inondata. Questo trasferimento fu attuato nel 1923 in 28 giorni, mobilitando un numeroso gruppo di carrettieri di Zuri.
Le prime modifiche però avvennero in tempo precedente, infatti, già nel 1336, come testimonia una iscrizione parietale, l’abside fu ricostruito secondo lo stile catalano-aragonese. Esso presenta una forma poligonale (semiesagonale) costituita da tre facciate o specchi, di cui quello centrale ha una monofora lobata e strombata e i due laterali con oculi (immagine di fianco). In seguito nel 1504 venne ricostruito il campanile, il quale fu addossato ed in parte connesso allo spigolo sinistro della chiesa; esso è a vela e a doppia campana come si può notare dall’immagine. Di questa ricostruzione si ha come testimonianza un’iscrizione posta su una tavola di trachite rossa, materiale utilizzato per costruire tutto l’edificio. Venne anche ricostruita la facciata, originariamente più alta, che presenta un portale a strombo raccordato con gli specchi laterali attraverso la cornice superiore e il fregio sopra la porta. La chiesa è a pianta rettangolare, con i muri laterali decorati con archi e sottili lesene piatte; uno di essi, il sinistro, subì un’ulteriore ristrutturazione nel 1830. Queste continue manutenzioni furono certamente dovute alle pessime condizioni dei muri di fondazione che erano stati costruiti con malta di fango; inoltre le abbondanti infiltrazioni d’acqua hanno favorito e provocato cedimenti e lesioni della struttura.
L’interno invece è a navata unica absidata, con copertura di travatura in legname a vista. La mancanza di volte e la conseguente possibilità di dare minor resistenza ai muri permise al maestro lombardo di aumentare la luce delle finestre, dando a loro dimensioni sensibilmente maggiori. Da qui deriva un’altra particolarità ovvero la sua caratteristica luminosità: essa assieme alla profondità conferisce alla chiesa, non molto alta, la sua originalità. Infatti l’edificio, al contrario della consuetudine tipica nelle chiese medievali sarde, non si slancia verso l’alto ma mantiene un rapporto di parità con la lunghezza della navata. Infine, come già visto in precedenza, venne spostata in un luogo più in alto in modo da non perdere una delle più originali chiese del luogo.


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Copyright © 2006 Tutti i diritti riservati. Ultimo aggiornamento: 03-08-06.


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