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Siamo
a Roma, nell’anno 79 d.C., pochi mesi prima che il Vesuvio, eruttando
lapilli e scorie, seppellisse l’intera Pompei sotto uno strato di ceneri,
facendo morire gli abitanti.
Ora basta parlare di storia, andiamo a vedere dov’è il protagonista del
nostro racconto, Marco, un bambino romano di appena dieci anni; questo
bambino appartiene ad una delle famiglie più ricche di tutta Roma ed abita,
assieme alla sua famiglia, in una villa enorme e con tutte le comodità di
quei tempi. La sua famiglia non è molto numerosa, composta dal padre, Lucio,
dalla madre, Flavia e dalla sorella, la giovane e bella Livia; in questo
preciso istante è mattina e Marco si sta preparando per andare a scuola
assieme allo schiavo.
Il padre di Marco vuole che diventi un grande oratore, ma a lui non vuole
andare ad Atene o ad Alessandria per studiare la retorica, non gli interessa
la scuola e vuole terminarla il prima possibile.
Marco vorrebbe fare dei lavori manuali, magari l’artigiano o il contadino,
ma quelli sono “lavori da schiavi” e i più ricchi devono accrescere la mente
e lasciare i lavori più duri e difficili ai servi.
La scuola non è mica una passeggiata, scrivere con le tavolette di cera
sulle ginocchia è scomodo e se per caso si sbaglia o ci si comporta male si
ricevono frustate, a volte molto dure.
Finita quella tortura, il giovane scolaro gioca con i suoi amici per ore, si
divertono molto con i dadi e con alcune trottole, ma il gioco più bello e
più gradevole è di sicuro quello delle noci, dove bisogna colpire il
castelletto di noci con una di queste.
Marco si innervosisce e si secca perché crede che la sua vita sia durissima
e vorrebbe che fosse più semplice,ma Giulio, un amico, gli fa osservare:
“Se pensi che la tua vita e quella dei più ricchi, sia difficile, allora
basta che guardi la mia e quella dei più poveri, siamo costretti a vivere in
locali piccolissimi e caotici, dove di notte non si può chiudere occhio
perché il transito dei carri è proibito durante il giorno. Inoltre le case
popolari (insulae) sono sporche e prive di servizi, con muri a rischio di
crollo e di incendi frequentissimi e pericolosi, in cui periscono molti
poveri cittadini.”
Marco ritorna a casa, è l’ora di cena (circa le quattro di pomeriggio), e le
ancelle servono un delizioso arrosto di maiale con il garum, salsa ottenuta
dalla decomposizione di pesci con erbe aromatiche e molto sale per mesi.
Durante il pasto serale si parla parecchio, il padre racconta di essere
andato alle terme con alcuni politici, dove i famosi “fures balneari” hanno
derubato dei vestiti un amico. Livia ha studiato con il precettore e poi ha
imparato ha fare il bucato, le ragazze si sposano a soli 14 anni e devono
comportarsi da brave mogli e padrone di casa.
La madre si è fatta fare una nuova acconciatura (secondo la nuova moda
lanciata dalla sorella di Tito) e si è fatta truccare dalle ancelle, in
previsione della rappresentazione teatrale a cui avrebbero assistito
l’indomani.
Marco va a dormire, ma rimane sveglio per un po’ e pensa che in fondo la sua
vita è migliore di quella di tanti altri, che è molto fortunato e che da
grande vuole fare qualcosa per migliorare le cose.
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