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Angoscia dell’influenza



Questa seconda unità didattica è orientata a introdurre il concetto bloomiano di ‘angoscia dell’influenza’, ossia un’angoscia da indebitamento per effetto della quale il successore tenta di disfarsi del proprio padre letterario, appropriandosi della sua poetica con un atto che la travisa e la deforma. Qui si intende evidenziare in specie come la nozione di Harold Bloom possa costituire un’ottica aggiuntiva dalla quale considerare, se non tutte, almeno alcune delle opere parodianti. Fra esse si propone il sonetto di Rustico Filippi, Quando Dio messer Messerino fece, parodia del motivo cortese dell’essere miracoloso e ineguagliabile (di cui offrono un indice le liriche Ma donna ha ’n sé, di Jacopo da Lentini, e Chi è questa che vén e Avete’n vo’ il fior’ e la verdura, di Guido Cavalcanti). Rustico Filippi pare autore idoneo a esemplificare le coordinate dell’angoscia dell’influenza, poiché egli coltiva, accanto alle forme comiche e dissacranti, anche le forme della poesia aulica e amorosa. Egli conta dunque nella propria produzione un doppio binario in cui il filone giocoso bilancia l’adesione alla tradizione cortese e al registro sublime: convivono in questo poeta bifronte l’amore filiale e il gesto edipico verso i progenitori letterari.

Guido Gozzano, antidannunziano autore di La signorina Felicita ovvero La Felicità, è più prossimo a D’Annunzio di quanto spesso non si creda, e non a caso ebbe ai suoi esordi poetici proprio in D’Annunzio il suo principale modello. (a) Quanto giunse pesare a Gozzano il debito verso il D’Annunzio è ben visibile nella preghiera al buon Gesù per non essere dannunziano, rimasta fra le poesie sparse con il titolo emblematico L’altro: “[…] se penso/ che avresti anche potuto,/ invece che farmi gozzano/ un po’ scimunito, ma greggio/ farmi gabrieldannunziano:/ sarebbe stato ben peggio!”. Gozzano, assimilata la lezione dannunziana, ne elabora quindi una ripresa caustica che rovina e rovescia l’originale e gli vale il suo superamento. Di questo itinerario volto a costituirsi padri di se stessi è un caso chiaro e accessibile il componimento La signorina Felicita ovvero La Felicità: il personaggio femminile vi compare come anti-Ermione, il negativo piccolo-borghese e provinciale di tutte le fascinose e aristocratiche dame del vate pescarese; anche il tono si inclina verso modalità discorsive e cantabili, smorzando la sublime sostenutezza del predecessore. Data l’ampiezza del componimento si potrà prenderne in considerazione anche solo una parte, ad esempio i vv. 73-204.

(a) Cfr. Niva Lorenzini, Le maschere di Felicita: pratiche di riscrittura e travestimento da Leopardi a Gadda, Lecce, Piero Manni, 1999, pp. 32-33.