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IL PRIMO NOVECENTO

Il primo Novecento è contraddistinto da una generale tensione verso la modernità; gli intellettuali, i letterati, gli artisti del tempo percepiscono il rapido cambiamento della società e ne risentono a tutti i livelli (contenuti, strutture, stile).

Le avanguardie artistiche europee (espressionismo [1905-1911], cubismo, astrattismo [1910-1920]) tentano di appropriarsi di questa nuova realtà, sconfessando violentemente la tradizione del positivismo, del naturalismo e del realismo; impostano dunque una rivoluzione anti-realista, rovesciando l'antichissimo canone di arte come imitazione della natura e proiettando sull'immagine pittorica la propria realtà spirituale (deformando quindi l'opera alla propria soggettività).

L'opposizione alla tradizione e ai canoni del realismo-naturalismo si ritrova anche nelle opere dei principali narratori italiani del tempo. Pensiamo a Luigi Pirandello (1867-1936): egli attua nel romanzo, ma anche nel teatro, il superamento del naturalismo introducendo la dimensione introspettiva, corrodendo le strutture tradizionali e aprendosi a tematiche moderne come la coscienza, l'identità, la psicoanalisi.

Se in Italia troviamo Pirandello tra i narratori che più rielaborano ed aggiornano il romanzo, in Europa la messa in crisi definitiva del naturalismo si deve in particolare ai “Modernisti“; tra questi autori il più sperimentale è certamente James Joyce (1882-1941) che, oltre a rinunciare al ruolo del narratore tradizionale e ad alterare il tempo, opta per un'“enciclopedia degli stili“ (incrocia tra loro tutti  i generi tradizionali). Sistematico è l'uso di digressioni e il rallentamento del racconto. Il tempo è rappresentato con nuove tecniche stilistiche: il “flusso di coscienza“ e il “monologo interiore“, infatti l'Irlandese cerca un mezzo più preciso e più fedele per catturare i pensieri e le emozioni dei suoi personaggi.

Tra i maggiori protagonisti della vita culturale italiana della prima metà del Novecento, troviamo Benedetto Croce (1866-1952) con la sua attività di filosofo, di critico letterario e con il suo vivacissimo impegno in campo editoriale.    

Egli assegna un notevolissimo rilievo al ruolo dell'arte e dell'estetica, relegando in secondo piano il sapere scientifico, infatti fin dalle sue prime produzioni filosofiche si scaglia nettamente contro il positivismo.

Una delle opere cardine del suo sistema filosofico è l'Estetica; nella sua prima formulazione l'arte è “intuizione pura“ (di tipo fantastico e non logico) che si risolve immediatamente in “espressione“ (identità di contenuto e forma); l'arte va giudicata di per sé, nei suoi momenti poetici (cioè fantastici, individuali) e non nei suoi nessi logici o materiali. Croce svaluta esplicitamente lo studio delle fonti (bagaglio della scuola di formazione positivista) e rifiuta il canone dei generi letterari, utili solo a classificazioni pratiche, poiché i singoli testi sono espressioni dell'irripetibile e specifica individualità artistica.

Importante l'esame vasto e puntiglioso che fa della letteratura contemporanea (Letteratura della nuova Italia), dove si mostra saldamente ancorato alla tradizione e contrario alle novità del gusto moderno (infatti critica aspramente Pirandello), definito con la formula spregiativa di “fabbrica del vuoto“.

Fondamentale, in seguito, la sua posizione antifascista che lo porta a promuovere, nel 1925, il Manifesto degli intellettuali antifascisti.
 

CENNI STORICI


La società europea di inizio Novecento è caratterizzata dal trionfo di una società borghese dinamica, ricca, intraprendente, sicura di se stessa e della propria possibilità di progresso grazie all'industria e all'incessante innovazione scientifico-tecnologica; tutto ciò è in parte frutto di una percezione illusoria, destinata a dissolversi in modo tragico e repentino allo scoppio delle prime granate, nel 1914.
Infatti, subito sotto la superficie di benessere, troviamo stridenti disuguaglianze economiche e sociali e una élite finanziaria sempre più decisa a far valere i propri interessi; inoltre è inarrestabile lo sviluppo, in forme sempre più rumorose e intolleranti, di movimenti come il nazionalismo e il razzismo mentre, dall'altro lato, impressionante è ovunque lo sviluppo della sindacalizzazione e del movimento socialista.
L'Italia conosce proprio in quest’epoca il suo decollo industriale ma vede anche crescere in intensità e forza organizzativa il conflitto sociale (è del 1892 la fondazione del Partito socialista italiano); Giolitti domina la vita politica italiana sino alle soglie della prima guerra mondiale: egli mantiene il governo in una posizione di neutralità di fronte ai conflitti sindacali e attua una politica di riforme sociali ed economiche.
Una situazione permanente di tensione tra due sistemi egemonici (la Triplice Alleanza - Germania, Austria-Ungheria, Italia - e la Triplice Intesa - Gran Bretagna, Francia,Russia -) porta allo scoppio della prima guerra mondiale (1914-1918); già all'inizio del secolo si verifica una vera e propria corsa agli armamenti che stringe i legami tra il potere politico e quello economico. All'interno delle classi dirigenti europee si incomincia a guardare alla guerra come a un mezzo per consolidare l'unità nazionale e arginare i conflitti sociali, recuperando unanimità di consensi. Questo richiamo al patriottismo fa presa su larghe masse, specialmente nelle città. In Italia, invece, il paese si spacca fra neutralità e intervento ma alla fine i nazionalisti, gli interessi economici, il governo e la Corona hanno la meglio sui liberali giolittiani, sui cattolici e sui socialisti. Il fatto più significativo per il futuro dell'Italia è il manifestarsi di un'aggressività nazionalista, di idee e pratiche politiche che giocheranno un ruolo fondamentale nell'affermazione del fascismo.
La Grande guerra chiude drammaticamente l'epoca che si era aperta con l'Illuminismo, la rivoluzione francese, la rivoluzione industriale, caratterizzata dalla fiducia nel progresso, nella scienza e nella ragione.

Nel primo novecento i caratteri della società e cultura di massa cominciano a delinearsi: si rafforza il sistema scolastico, si allarga il pubblico dei lettori, l'editoria incrementa e nascono nuovi mezzi di comunicazione. Tutte attività che possono assorbire il lavoro degli intellettuali.

APPROFONDIMENTI

Nazionalisti

da movimento letterario e culturale, divengono forza politica con la fondazione, nel 1910, dell'Associazione nazionalista italiana. Giolitti cede alla loro richiesta di espansione coloniale con l'aggressione alla Libia (1911). Il programma dei nazionalisti (necessità di uno stato forte, polemica contro il parlamento e le istituzioni democratiche, lotta antisocialista) fece osservare al filosofo Benedetto Croce:“Abbiamo oggi non più il patriota, il positivista, il verista ma l'imperialista, il mistico, l'esteta o come altro si chiamino. Sono tutti operai della medesima industria: la grande industria del vuoto“. Ma il nazionalismo otteneva consensi crescenti, tramite il mito dell'Italia “proletaria“ sfruttata dalle nazioni ricche: “Come il socialismo insegnò al proletariato il valore della lotta di classe così noi dobbiamo insegnare all'Italia il valore della lotta internazionale. Ma la lotta internazionale è la guerra? Ebbene sia la guerra! E il nazionalismo susciti in Italia la volontà di una guerra vittoriosa“ (Enrico Corradini, uno dei principali esponenti del nazionalismo; nel 1923 ottenne la fusione del movimento nazionalista con il Partito fascista).

Naturalismo

termine comune alle correnti di pensiero che considerano la natura, in ogni suo aspetto, come oggetto fondamentale della riflessione e come punto di riferimento fondamentale per la vita dell'uomo.

In letteratura, per naturalismo, si intende una corrente di opinione nata in Francia nella seconda metà dell' '800; il maggiore rappresentante fu Emile Zola, il quale si vantava di aver adottato nello scrivere gli stessi metodi di indagine degli scienziati. Evidenti sono i legami che uniscono il naturalismo letterario al positivismo filosofico, da cui deriva la negazione di ogni verità metafisica e la conseguente estensione del metodo delle scienze sperimentali ad ambiti fin'ora estranei a questo approccio. Al positivismo risale inoltre l'intenzione di considerare l'uomo nella sua dimensione sociale (e non nella sua individualità), la scientificità nella rappresentazione del reale (il narratore è chiamato ad una documentazione dettagliata su ambienti, oggetti, persone) e l'oggettività e l'impersonalità dell'opera letteraria.. Il filone italiano del naturalismo è il verismo.

La poetica del naturalismo pone esplicitamente il realismo e l'oggettività come finalità uniche del lavoro artistico.

Nella storia dell'arte, con naturalismo si indica la continuazione del realismo (i cui maggiori teoretici furono Courbet, Daumier e Millet); pur derivando dal realismo l'esigenza di verità, il naturalismo ne attenua l'impegno politico e sociale, accentuando invece i rapporti con le scienze naturali.


Percorso interdisciplinare di paola zanzi anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


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