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Itinerari del  “peregrino” medioevale

Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo stretto non s'intende peregrino se non “..chi va verso la casa di Sa' Iacopo o riede. È però da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio de l’Altissimo: chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di Sa' Iacopo fue più lontana della sua patria che d'alcuno altro apostolo; chiamansi romei quanti vanno a Roma". (Dante, Vita Nova, XL)
Così Dante riassume l’essenza del “peregrino” medievale, sottolineando l’incipiente bisogno del rapporto intimo con la dimensione ultraterrena, insieme all’esigenza di “toccare con mano” le preziose testimonianze religiose.
Tre furono le mete predilette dai peregrini: Santiago de Compostela (l’unica che non ha relazioni con la “cristianità storica”, ma proprio per questo è forse la più importante, sviluppatasi dal potente fervore spirituale del popolo), Roma (perché Roma era il centro della cristianità del mondo allora conosciuto e San Pietro è il cuore del cristianesimo) e, ovviamente, Gerusalemme e la Terra Santa (non solo per il Santo Sepolcro, ma anche perché era il luogo in cui aveva vissuto, sofferto, amato e respirato Gesù Cristo).
Il pellegrino di Santiago è il pellegrino per eccellenza, la sua è una scelta di vita e una missione, oltre che un sentimento puramente religioso.
Il pellegrino di Gerusalemme (chiamato anche “palmiere” perché dalla Terra Santa riportava la palma di Gerico) è il pellegrino “mistico”, quello che desidera ardentemente un contatto, seppur spirituale, con Gesù Cristo e con Dio.
Il pellegrino di Roma è colui che, soprattutto dopo l’istituzione dei Giubilei dal 1300, visita il cuore del mondo cristiano (colui che Dante chiama “Romeo”).