Corriere della
Sera, prima pagina
SCUOLA, I POLI UNITI SPINGONO L'ESERCITO DEI PRECARI
In senato il disegno di legge sugli insegnanti che mette nell'angolo la
formazione universitaria.
In Italia si finge che destra e sinistra siano sempre radicalmente
alternative. Ma poi si scopre che su aspetti fondamentali della nostra
vita civile è irrilevante sapere se a governare sia in quel momento la
destra oppure la sinistra. Ci sono temi sui quali, periodicamente, si
forma, sotto la pressione della piazza, una sorta di "partito unico".
Tipicamente, questo accade quando si tratta di fare operazioni pessime,
come inquadrare, mediante forme appena mascherate di ope legis, legioni
di precari nella
scuola. In barba al tanto conclamato principio (buono solo per i comizi)
della "valorizzazione della professionalità" degli insegnanti. Queste
operazioni, governi e Parlamento cercano di farle alla chetichella.
Tanto, si sa che di queste cose i mass media si disinteressano. Così
come se ne disinteressano quelle associazioni di genitori sempre pronte
a strillare se in televisione passa una scena di sesso nella "fascia
protetta" ma per le quali, a quanto pare, è del tutto irrilevante che i
loro figli abbiano o no, a scuola, insegnanti preparati.
Alla Commissione Istruzione del Senato, in questo momento, è in corso
una di queste operazioni. È in discussione un disegno di legge sui
precari della scuola. Già il fatto stesso che esista un disegno simile,
anche a prescindere dai contenuti, è riprovevole. Ma ci sono poi i
contenuti.
L'operazione in corso è la seguente: si prendono tutti gli attuali
precari privi di abilitazione (c'è chi parla di almeno 30 mila persone,
chi addirittura di 60 mila) ma che abbiano almeno 365 giorni di
insegnamento, e cioè un'inezia, si stabilisce che seguano un ridicolo
corsetto annuale approntato in tutta fretta dalle Università (in un solo
anno, ovviamente, non si può formare nessun insegnante) e li si abilita
tutti. La cosa è in aperto conflitto con la legge in vigore, varata
nello scorso decennio, che
ha stabilito che gli insegnanti debbano essere (seriamente) formati
dalle Università. Che è esattamente ciò che le Università stanno facendo
con le Scuole di specializzazione per gli insegnanti e con i corsi di
laurea per i maestri. D'altra parte, è la tradizione italiana. Prima si
fa una legge che stabilisce dei buoni principi. Poi, sotto la pressione
della piazza e dei sindacati, si vara una leggina che calpesta i
suddetti principi. Abilitando, con un colpo di mano, questa legione di
precari si saranno ottenuti due risultati. In primo luogo, verranno
immessi stabilmente nella scuola anche tantissimi che insegnare non
sanno. In secondo luogo, si sarà bloccata per
anni la possibilità di ingresso a coloro che, formati dalle Università,
saranno in possesso di una professionalità specifica. Per esempio, con i
nuovi punteggi per l'accesso alla carriera che il disegno stabilisce non
entreranno mai nella scuola i maestri laureati. Si aggiunga che tutto
ciò è in plateale contrasto con quanto è stato testé solennemente
ribadito dalla riforma Moratti, secondo la quale la formazione
universitaria è l'unico canale consentito per l'accesso
all'insegnamento.
Governo, maggioranza e opposizione non sono però compatti. Sia nelle
file della maggioranza che in quelle dell'opposizione ci sono «sacche di
resistenza», persone che non vogliono permettere che venga commesso
l'ennesimo misfatto ai danni della scuola: speriamo che riescano a
spuntarla.
Queste cose, purtroppo, sono sempre state fatte in Italia, e ciò
contribuisce a spiegare perché la scuola sia oggi così malmessa. Non
cambierà mai nulla fin quando non si formeranno, a somiglianza di quanto
fanno le associazioni di consumatori in un altro campo, delle lobbies di
insegnanti, di genitori eccetera, tese ad ottenere dalla classe politica
l'attenzione che essa non ha mai avuto per la professionalità degli
insegnanti. Sarebbe bello se le associazioni di genitori, oggi più che
altro preoccupate di stigmatizzare parolacce, violenza e sesso in
televisione,
scoprissero che ci sono (persino) cose più importanti per il futuro dei
loro figli. Come, appunto, la professionalità degli insegnanti. E
cominciassero a darsi da fare per ottenere che la famosa «valorizzazione
delle professionalità» non rimanga solo un argomento da comizio.