Mio caro padre,
fra tutti i mesi di maggio inclementi che rammento,
questo è stato senz’altro il più burrascoso. Dacché ho lasciato Sestri, non
ho avuto un solo giorno di tempo bello; qui il vento mi ha impedito di
dedicarmi ai miei studi all’aria aperta e persino di osservare la cattedrale
abbastanza a lungo da farmi un’idea della sua architettura. Ieri, al
Camposanto, sono stato costretto a montare una stuoia per ripararmi dal
vento. Giovedì notte abbiamo avuto un nubifragio spaventoso; che si è poi
abbattuto su Firenze ed ha fatto salire il livello dell’Arno, non di cinque
piedi, come ti avevo detto, bensì di nove, a giudicare dai segni che ho
scorto sulle pietre. Non avevo mai visto un corso d’acqua impetuoso com’era
l’Arno alle dieci di venerdì sera: sotto le arcate del ponte aveva raggiunto
il livello b, mentre di solito non supera il livello a; e trovando un
passaggio ridotto, spumeggiava frangendosi contro i piloni, al pari dei
flutti marini, e lunghi rivoli di schiuma grumosa, causati (almeno credo)
dal ponte sovrastante, venivano giù coagulandosi e serpeggiando, inondati
dal chiarore lunare, ciascuno della larghezza di una strada: era davvero
orribile. Anche oggi il cielo è coperto e pesante.
Ho visto alcuni dei miglioramenti che stanno apportando
al Camposanto. Ieri dovevano innalzare un monumento funebre ad uno speziale:
sono arrivati gli operai ed hanno praticato un grosso foro nel muro;
naturalmente, ad ogni colpo di martello facevano cadere un po’ dell’intonaco
dell’affresco, che si stava già scrostando dalla parete, distruggendo nel
contempo metà di quel che restava di una testa di Antonio Veneziano. Indi
hanno apposto una lapide con il nome del farmacista, asserendo che era un
vero peccato che fosse morto (io credo che sia un peccato che resti vivo
qualcuno, qui). Hanno poi demolito un altro pezzo di affresco per erigere il
busto, che è stato sistemato in modo da celare quel poco che era rimasto
della testa di Antonio, ed infine hanno riempito tutto di calce fresca,
devastando un altro mezzo metro dell’antico affresco da entrambi i lati,
allo scopo di pareggiare il muro. Lo hanno così lasciato ad inumidire la
pittura sovrastante, per prepararla ad essere distrutta alla prossima
occasione. Tuttavia, non vogliono consentirmi di eseguire dei ricalchi…..non
loro!
Sono certo che qui in Italia finirò col prendere
l’abitudine di imprecare. Sto già cominciando a farlo mentalmente senza
alcun ritegno.
Eppure, alcuni bambini serbano ancora un poco di umanità.
L’altro giorno ho notato un marmocchio di tre o quattro anni che grattava le
porte di bronzo, quando, d’un tratto, la sorella di otto o nove anni è corsa
a fermarlo, gridando: "Ah…..guarda la Madonna chi fa a Giesù!" (4),
prostrandosi nel contempo in atteggiamento di preghiera con tale sveltezza,
grazia e fervore che pareva proprio di vedere un’opera di Simon Memmi.
Va altresì ricordato, a sua lode, che il custode di Santa
Maria della Spina non accetta più paoli!
10,30. Mi sono infuriato perché non avevo ricevuto
nemmeno una lettera, così venerdì ho mandato a prendere la corrispondenza a
Firenze. Me l’hanno appena consegnata e vi ho dato una rapida scorsa: ti
ringrazio di aver scritto tanto, e ti sono grato per le tue preziose ed
esatte considerazioni sulle mostre. Ti assicuro che non mi avvicino mai ad
un foglio di carta se non per dedicarmi al mio libro, nemmeno allo scopo di
imparare qualcosa o produrre effettivamente qualcosa: il disegno che ho
eseguito ad Albertville era in realtà per l’incisore, e lo stesso vale per
Sestri. Non mi sono trattenuto in nessuna località, per istigazione di
Coutet: egli non tollera di fermarsi a lungo. Ora è meglio che provveda a
spedire la lettera, altrimenti non la riceverai con la debita sollecitudine.
Risponderò domani alle tue domande. Parto mercoledì per Pistoia, a Dio
piacendo. Saluta la mamma.
Il tuo affezionatissimo figlio
J. Ruskin
Puoi far vedere le mie lettere a chicchessia. Scrivo per
te e a meno che io non ti abbia detto il contrario, sei tu che devi decidere
che cosa mostrare. |