lo stabulario
di eleonora moda, vasco ricessi, andrea fragiacomo e alice gianbalvo



 

 

 


Come ogni mattina Greta, la dirigente dell'ufficio norme antinfortunistiche dell’università di Trieste, si reca nel suo ufficio situato nella parte sinistra della struttura, al quarto piano.
Il suo collega l’ingenier Rino non c’è ancora e non c’è neanche la segretaria. Non c’è il minimo rumore, è tutto tranquillo, non si muove niente, si sente solo il respiro affannato di Greta che sale le scale.
Arrivata in ufficio, si precipita al suo computer per vedere se ci sono messaggi della figlia Beatrice, che vive a Gorizia con la quale si sentono via e-mail o telefono.
Non c’è nessun segnale della figlia, in vece, c’è un e-mail arrivato dallo stabulario (parte di un laboratorio riservato agli animali usati per esperimenti ) che le ricorda che l’indomani mattina dovrà fare un controllo nei vari uffici della filiale presso università.
Il giorno dopo, ricordandosi dell’e-mail ricevuta, Greta, invece di passare per il suo ufficio a lasciare il lavoro e le ricerche svolte a casa, comincia subito, di prima mattina, l’ispezione dalla parte destra dell’università.
Ispeziona per prima cosa i vari uffici dei professori, passa poi alle aule ed infine agli svariati laboratori: di chimica, biologia, scienze naturali ecc.
Avendo finito, in gran velocità, di ispezionare l’ala destra dell’edificio, Greta si reca nell’ala dove si trova la zona dedicata all’amministrazione e dove è situato lo stabulario.
Per prima cosa appoggia tutte le carte nel suo ufficio, poi passa a controllare lo stabulario, che di solito, è il posto dove ci si mette più tempo del resto a controllare che tutto sia in ordine, per evitare che su una cavia venga usato un veleno o qualcosa di nocivo che non abbia niente a che fare con la scienza.
La grande porta dello stabulario era aperta, Greta non ebbe alcuna esitazione ed entrò. Non c’era ancora nessuno e questo era molto strano perché di solito c’era sempre un assistente ad accoglierla ma quel giorno non c’era anima viva.
Si sente un cigolio acutissimo. Greta si gira di scatto, ma era solo la porta che si chiudeva alle sue spalle. Greta sente due scoppi, uno dopo l’altro. Su un primo momento li attribuisce al motore della macchina di Rino, nel parcheggio, ma poi sente come un scroscio d’acqua, come un temporale. Fuori però c’era un sole stupendo! Greta avverte uno strano odore e allora capisce; si devono essere rotte due tubature: una dell’acqua e una del gas cui servono per i fornelli della stanza accanto.
Anche tutte le cavie avvertono un pericolo e da tranquille diventano irascibili, terrorizzate, inquiete cominciano ad agitarsi facendo così cadere le molteplici gabbie con la loro conseguente apertura.
Il pavimento diventa scivoloso, Greta perde l’equilibrio e cade. Il livello dell’acqua si alza in brevissimo tempo e Greta viene immersa dalle cavie che non sopportano l’acqua.
Greta prova ad alzarsi ma è tutto inutile; il pavimento è troppo scivoloso, sente dei passi venire verso di lei, vorrebbe urlare aiuto, ma l’acqua le ha ormai inondato la faccia e le cavie non la fanno galleggiare per il troppo peso che riportano.
A quel punto, Greta si sveglia in un bagno di sudore…