Confessione...
di Annalucia Ingrosso (Scuola Media Campi Elisi IIIC)

Caro Nicola,

è da molto tempo che non ci sentiamo! Io sto bene e spero anche tu. Ti scrivo, non solo per salutarti, ma anche per raccontarti ciò che è accaduto a me e a mia sorella Sandra, un paio di giorni fa.

Sai che ora al posto di mia madre c’è un’altra donna e sai anche che io la odiavo a morte.(Dico “odiavo” perché ciò che è accaduto due giorni fa, mi ha fatto cambiare idea sul suo conto).

Così il mattino di martedì, sono uscito con Sandra per recarmi in un supermercato, lontano da casa nostra. Ci siamo recati al supermercato per comprare un lucchetto, per poi legarlo sulla porta di camera mia e di Sandra. Vuoi sapere il perché? Beh, avevamo deciso di non far mettere più piede a quella donnaccia in camera nostra. Ce la potevamo fare da soli! Anche per pulire tutta la stanza. Il lucchetto, quindi, serviva per tenere la porta chiusa a chiave.

Nel supermercato trovammo subito il reparto degli oggetti “fai da te”, però per chiudere proprio bene la porta, bisognava comperare anche la catena, ma purtroppo non avevamo abbastanza soldi per comperare tutto, così decidemmo di prendere solo il lucchetto. Però, in fondo al reparto vidi altre catene più piccole, che forse costavano di meno. A quel punto misi la catena che presi per guardarla nella tasca del giubbotto (senza accorgermi!!). Accanto al reparto c’erano due persone: la commessa e il proprietario del supermercato. Entrambi vennero vicino a me e Sandra, dicendomi di togliere ciò che avevo messo in tasca. Io, come se niente fosse, misi la mano nella tasca e trovai la catena. In quel momento tremavo in una maniera pazzesca, così mi misi a correre, trascinando Sandra, verso l’uscita; però la commessa ci riuscì a prendere e ad affidarci a una poliziotta, che poi ci portò a casa. Quando mi trovai davanti al portone di casa, mi venne una paura impressionante. Anche mio padre prese un colpo quando ci vide con una poliziotta: gli spiegò tutto (anche a Christine) dell’accaduto nel supermercato. Quando la poliziotta se né andò, Christine, quando mi vide piangere nella mia camera venne a consolarmi: la prima volta la mandai via, mentre la seconda volta mi sfogai e le raccontai tutto, come se fosse stata la mia vera madre.

Vedi, da quest’avventura ho capito che Christine mi vuole un mondo di bene, e che anch’io le ne devo volere. 

Spero che tu ci creda, poi fammi sapere (scrivendomi).

Ora ti saluto,

Paul xxx


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