- NON SOLO SOLE -

un racconto

di Oretta Bray

"Non è possibile. Non può essere. Non ci credo".

Tanti "non" per rifiutare la notizia, tra rabbia e lacrime, incredulità e paura.

"Abbiamo ripetuto il test per esserne certi. Adesso dovrà entrare in terapia. Questo è un libretto che spiega quali accorgimenti prendere. Le fisso un appuntamento con il mio collega, nel frattempo io sono qui, se dovesse servirle qualcosa. Abbiamo anche un servizio di supporto psicologico, sarà utile che lei segua gli incontri e...signore? Signore, la prego, non se ne vada...".

Presi di corsa il corridoio, mi sembrava di vivere in un sogno... no... sapere di avere la "nuova peste" non è un sogno, è un incubo e volevo svegliarmi, subito. Tra le mani il libretto che il medico mi aveva dato: pagine fredde, fredde, con le istruzioni per il mio nuovo "uso". Il cellulare suonava, ma non rispondevo, non mi sentivo più l’uomo che gli altri cercavano, che gli altri volevano. Andai a casa, misi due cose dentro allo zaino e poi via in montagna, nel mio rifugio.

Tutto questo è successo ieri.

Adesso sono qui, da solo, davanti al camino, con l’illusione che la solitudine possa, anche solo per qualche minuto, immunizzarmi dalla peste che ho addosso.

Fuori c’è un sole stupendo; ora il suo calore fa così male che decido di chiudere le persiane. Niente sole per oggi. La mia compagna e i miei amici mi hanno lasciato tanti di quei messaggi in segreteria, ma non ho parole per rispondere a domande semplici come: "Dove sei? Come stai? Perché non sei a casa?". No, no, da solo, da solo con la peste.

Guardalo là il fuoco nel camino. Vorrei essere fuoco adesso e bruciarmela via questa malattia. Tra le luci delle fiamme mi perdo nei miei pensieri sulla vita che ti dà una cosa e te ne toglie un’altra, e uno sta qua sull’altalena e tenta di trovare un equilibrio in questo "ti dò, ti tolgo, ti dò, ti tolgo". Forse la peste mi ha colpito perché sono un debole. Sì sono un debole e sopravvivono solo i più forti.

Da vigliacco come sono ho gestito tutta la mia vita andando sempre avanti, perché è più facile, piuttosto che faticare per tornare indietro a riprendere la parte di me persa per strada. C’è sempre così tanta confusione a guardare indietro! Non so neanche chi sono e adesso di certo non è più così facile andare avanti.

Vorrei aggrapparmi a qualcosa, qualcuno mi sente lassù?

Lanciatemi qualcosa...questa è una richiesta di aiuto.

Piango, sì, piango dentro e fuori perché la mia mente già mi proietta una chiara visione: un letto di ospedale, un silenzio irrespirabile...prima di...prima di...

Morire adesso? Non ne sono capace, come togliersi una vita che da sempre ti ha sorriso? Come...

Sembra incredibile, sto fumando! Avevo smesso da dieci anni per fare jogging, fisico asciutto e sano e ora, com’è buona questa sigaretta...

Sul giornale di oggi un articolo dell’ultimo morto ...dicono che ha infettato la moglie non raccontandole niente.

Che carogna!

...Lui? E io che ci faccio qui da solo? Sono scappato! Sì, certo, è stata una fuga per non parlare, la paura della paura che ti isola. Paura di cosa? Di perdere la bella corazza costruita con tanta fatica, mattone sopra mattone per na-

scondere un carattere insicuro e tutto va bene finché questa vita non ti dice "Stop! Fermo amico, sei al capolinea". Suona il cellulare. Ma non l’avevo spento? L’ho pensato, ma non l’ho fatto evidentemente, strana la mente.

Stupida la gente come me. Mi faccio paura, così come la gente stupida mi fa paura.

"Giovanna...ciao...sì, me ne sono andato di fretta...poi ti spiego...ma no Giò, non ce l’ho con te, davvero...Giò non ti ho lasciata...sì, sono in montagna...beh, fa freddo, ma c’è il sole...un sole stupendo...ok, vieni, ti aspetto".

Ok, vieni, ti aspetto. E dopo glielo dovrò dire, dovrò dirlo a tutti: amici non buttatemi nell’immondizia, sono malato, starò attento, guardate, c’è scritto qua che ci possiamo anche stringere la mano, non succede niente.

E quante saranno le strette di mano decise? E a quanti "Dove? Come? Quando?" della mia donna dovrò rispondere?

Sempre che non se ne vada prima.

Mio Dio aiutami, mio Dio aiutami.

Ho sempre pensato che i virus arrivano perché siamo troppi su questa terra e io ... anch’io sono di troppo...e allora meglio così, se non si può vivere la vita liberamente, senza aver paura di questo o di quello. Invece no! Il mare no perché inquinato, l’aria no perché c’è troppo smog, sesso meglio se virtuale, sognare nemmeno...beh...ma questa è davvero colpa nostra.

E dopo le dovrò anche dire di farsi il test!

Qual è la mia paura più grande?

Se decido di vivere non voglio rimanere solo e con questo intendo dire che voglio gli affetti di prima, profondi com’erano e non le volontarie e sconosciute crocerossine che

ti stanno vicino in mancanza di altro.

Se mi concedessero di tornare indietro? Farei subito un bambino che mi giochi addosso e preparerei tutte quelle pappine per poi dirgli "Ciuff ciuff, mangia che arriva il trenino".

Altro che super manager, altro che...altro!

Sento la macchina, è la sua, sta arrivando.

Cosa posso fare, sono in lacrime, non ho nessuna maschera da mettermi, sono nudo ... con la peste.

Forse capirà prima che glielo dica oppure, oppure non so, non...

"Tutto buio qua! Marco, ma che diavolo ti è successo? Sei sconvolto!".

"Giovanna ..." non ce la faccio, il nodo in gola mi impedisce di parlare, sto inghiottendo le lacrime e sono così salate che...

"Dimmi, ti prego, cosa c’è?"

Devo essere onesto a tutti i costi, onesto con lei e con me stesso, non posso rinunciare all’amore e alla mia vita che, anche se sarà breve oppure lunga e dannata, mi spetta....mi spetta...

"Giovanna...ho l’Aids...Giovanna...aiuto".

Mi sta prendendo le mani!

Mi sta prendendo le mani e sta incrociando le sue dita con le mie e adesso mi stringe, forte, forte.

Nell’orecchio la sua voce che sussurra: "Per sempre, insieme".

Dietro di lei la porta aperta e il sole che entra.

Ed è un sole che scalda ancora.

 


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