La fata della felce

Secoli or sono viveva, in un boschetto ai piedi di una verdeggiante collina, una bella felce dalle fronde verdognole e i rizomi brunastri, che si estendevano fino a coprire il promontorio erboso che Madre natura aveva designato come sua residenza.
I suoi germogli di un giallino tenero tenero, facevano quasi dubitare del suo forte carattere ma, il grande spirito regolatore, sapeva bene quanto lo fosse e anche di quante cure necessitava quella nuova pianta che aveva appena creato, era diventato un po’ il suo cruccio.
Aveva bisogno di sole innanzitutto, ma nella giusta quantità, né un poco di più, né un poco di meno e acqua, tanta acqua, di cui sembrava non essere mai sazia.
La vita scorreva placida per lei, come per le altre creature. Seguivano i ritmi naturali: si lavavano con la pioggia, si asciugavano con il sole.
Fu proprio in un caldo pomeriggio di primavera che si udirono delle risate saettare tra i tronchi delle querce. Degli scricchiolii di rami e foglie secche calpestate. Fino a che due corpi non atterrarono pesantemente proprio sotto il promontorio fronzuto della felce. "Chiara, mia bella Chiara..." disse lui toccando i capelli di lei. "...lo sai che ti ho sempre amata?" "Davvero?" rispose lei sorridendo.
La felce molto incuriosita della novità, spostò un po’ le proprie verdi pendenze, aiutata da un soffio di vento, per meglio vedere ciò che stava accadendo sotto di lei.
"Ma questi chi sono?" si domandò "Non somigliano proprio a nessuno di noi".
La pianta rimase effettivamente molto colpita dall’accaduto tanto da chiedere il gran consiglio di Madre Natura.
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