Vivere la gravidanza In un’epoca in cui sessualità e procreazione non coincidono più, in cui la donna è svincolata dal destino biologico di diventare madre e il figlio si colloca all’interno di un progetto in cui entrano in gioco altri fattori quali il raggiungimento di obiettivi economici e professionali, apprendere di portare nel proprio grembo un figlio sembra sfuggire a tutti i meccanismi di controllo razionali. Anche se un figlio è fortemente desiderato e programmato, il momento della conferma suscita in ogni donna una serie di emozioni molto intense; la figura di riferimento che la donna riconduce immediatamente a sé, è quella della propria madre, con la quale inevitabilmente si confronta, ma entrano in gioco altre figure, il marito, come reagirà alla notizia, con che occhi la vedrà quando la pancia sarà cresciuta, i colleghi di lavoro, la cerchia delle amicizie come accoglieranno la notizia? Alcuni autori di impostazione psicoanalitica rilevano un periodo di vera e propria regressione affettiva nelle fasi iniziali della gravidanza, in cui la donna sarebbe in balia di una serie di conflitti interiori, problemi, stati psicologici che in condizioni normali rimangono nell’inconscio; cause come la non accettazione della propria femminilità, o conflitti edipici non risolti sarebbero responsabili del rifiuto iniziale della maternità anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta di una fase passeggera che viene superata e lascia il posto all’accettazione del nuovo ruolo ad al vissuto positivo di questa esperienza. Certo è che tutti i nove mesi dell’attesa sono contraddistinti da una forte attività psichica in cui ansie e paure si intrecciano a sentimenti di pienezza e di orgoglio; la donna teme la possibilità di malformazioni del feto, ma al tempo stesso prefigura l’immagine di un bambino meraviglioso, lo fa esistere nella sua fantasia prima della nascita, ne fantastica il colore degli occhi, dei capelli; ha paura dei dolori del parto, sente l’ansia dell’avvicinarsi del fatidico momento, ma, al contempo, non vede l’ora di vedere e di toccare il proprio bambino. Nei primi mesi la gravidanza è vissuta come come una trasformazione del proprio corpo, ma con il passare dei mesi il feto fa sentire la sua presenza muovendosi all’interno del corpo della madre proclamando la sua autonomia; il momento in cui la madre avverte i suoi primi movimenti è decisivo per la qualità del loro rapporto;la donna vive a questo punto una condizione molto complessa , al tempo di simbiosi e di estraneità: ella porta dentro di sé un esserino che di fatto non le appartiene , ma che non può vivere senza di lei; è in fondo la contraddizione insita nella gestazione: da un lato la pulsione del trattenere nel proprio corpo il proprio bimbo , come atto di amore e, dall’altro quella di lasciar andare, di espellere ciò che di fatto non le appartiene, che è sostanzialmente un atto di aggressività. Questi due obiettivi contraddittori non entrano in conflitto tra loro solamente se armonizzati nella sua mente (Vegetti Finzi – Il Romanzo della Famiglia) Verso la fine della gravidanza si assiste ad un progressivo ripiegamento su di sé; la futura mamma appare spesso distaccata e silenziosa, l’energia è sempre più concentrata all’interno, nel cammino verso quella straordinaria esperienza che è il parto; l’io istintivo e profondo prende progressivamente il posto dell’io razionale ; gli stessi ormoni in circolazione contribuiscono a questa sorta di ritorno alle radici primitive e profonde. Non a caso infatti nei giorni che precedono l’evento , risulta difficile concentrasi , leggere un libro o ricordare qualcosa; tutto questo ritorna possibile dopo il parto. Durante
la gravidanza è molto importante che ogni donna trovi del tempo utile
da destinare a pause di riflessione, momenti di ascolto interiore, pause
di silenzio in quanto questo contribuisce a porre le basi per una buona
relazione con il proprio figlio. Alcune donne, di impostazione più
tradizionale, sembrano più attente e più portate a ritagliarsi questi
spazi, mentre donne fortemente concentrate sulla propria attività
professionale sembrano privilegiare gli impegni lavorativi a scapito di
un lavoro di elaborazione del proprio vissuto emotivo. Senza adeguata
elaborazione psichica delle emozioni in gravidanza,
il rischio di estraneità con il proprio figlio è sicuramente
più alto; dopo la nascita, invece di sentirsi coinvolta nel rapporto
con il figlio la donna ricerca fortemente le abitudini di prima ,
rimpiange la vivacità della precedente condizione e rischia di perdere
una esperienza molto arricchente e creativa. In
quest’ottica sarebbe auspicabile un
intenso lavoro sulle gestanti ad opera di strutture che
organizzano corsi pre-parto, con l’intento di offrire un supporto
esterno per aiutare le donne a guardarsi dentro e per far emergere ansie
ed emozioni fin dalle prime fasi della gravidanza. La possibilità
stessa di condividere la propria esperienza con altre mamme nelle stesse
condizioni o con mamme già convalidate aiuta il confronto a
sdrammatizza alcune delle più comuni ansie che si manifestano durante
la gestazione.. In questo contesto non si chiede di insegnare il
comportamento ideale da tenere in gravidanza o durante il travaglio ,ma
di aiutare la donna a divenire la vera protagonista del percorso
generativo, facendole semplicemente acquisire sicurezza in se stessa. In
questo percorso, diviene fondamentale il ruolo e la presenza attiva del
marito o del compagno come fonte di sostegno e di sicurezza. Questo
argomento, però, sarà oggetto di una trattazione a parte. (
gli spunti per la stesura di questo articolo sono stati offerti dal
libro “Il Romanzo della Famiglia “ di S. Vegetti Finzi ) |