LA DIDATTICA DELLA STORIA.

di Maria Cristina Vallon

Oggetto della storia

Oggetto della storia è la ricerca, lo studio, la ricostruzione del passato, della evoluzione di una società verso il suo stato attuale di civiltà e di cultura. La ricostruzione storica è insieme individuazione e collocazione dei fatti nel tempo e nello spazio e spiegazione delle cause sociali, economiche, politiche che li hanno prodotti.

Metodo storiografico

La storia oltre che avvalersi dell'apporto di altre scienze, ha anche un metodo proprio, quello storiografico, che è sinteticamente il seguente e che può essere usato, con opportuni adattamenti, anche dagli scolari delle elementari:

Con tale metodo si dovrebbe riuscire, secondo i nuovi programmi, a collegare il passato col presente, a conoscere le proprie radici per avere coscienza di sé ed agire meglio.

La ricostruzione del fatto storico

La ricostruzione del fatto storico dev'essere indirizzata a promuovere sia la capacità di usare in modo via via più produttivo i procedimenti della ricerca storica, sia la comprensione sempre più approfondita del fatto storico stesso, in modo da ottenere un' assunzione non dogmatica delle conoscenze storiche acquistando progressivamente un'agile capacità critica.

Ricostruire l'immagine del passato significa rendere il passato visibile: questa è buona regola per chi insegna storia, e specialmente se l'allievo è un bambino, nasce l'esigenza di rendere concreta la ricostruzione del passato. Gli esempi di questa concretezza del visibile potrebbero essere numerosi. Per esempio parlare di "religiosità medievale", vuol dire parlare delle cento chiese e cappelle che sorgevano entro le mura di qualsiasi città, delle abbazie arricchite da innumerevoli donazioni di potenti e di umili, di cerimonie, feste, abitudini.

Le chiese che oggi noi vediamo semivuote, dobbiamo immaginarle affollate allora da centinaia di fedeli che ascoltavano intenti e stupiti la veemente predicazione di frati dalla voce tonante.

E siccome la portata dei cambiamenti si coglie attraverso il confronto con ciò che c'era prima, visitiamo un'antica abbazia, oppure se ciò non è possibile, descriviamola aiutandoci con diapositive e filmati.

Motivazioni all'insegnamento della storia

Le motivazioni all'insegnamento della storia sono molte: oltre alla volontà di trasmettere i valori etico-sociali degli adulti alle nuove generazioni, la storia serve per:

avviare il bambino alla conoscenza di se stesso;
avviarlo alla costruzione di strumenti conoscitivi;
sviluppare nel bambino le capacità di lettura critica dell' informazione;
avviare il bambino a comprendere il presente.

In particolare:

  1. La riflessione sul passato è indispensabile affinché gli allievi acquistino una maggiore conoscenza dei diversi modi di essere nel tempo e nello spazio. Infatti poche cose sono emozionanti come la scoperta dell'attualità di alcune manifestazioni umane provenienti da epoche lontane.
  2. La didattica della storia dovrà avvalersi, per quanto lo consente l'età e la situazione scolastica, delle modalità della conoscenza storiografica, recuperando gli itinerari fondamentali attraverso la formulazione di domande, il reperimento di fonti adeguate, l'analisi e la discussione della documentazione, il confronto critico fra le diverse risposte. Tutto ciò non esclude, ovviamente, l'acquisizione di contenuti nozionistici, anzi è da sperare che le informazioni apprese attraverso indagini personali, saranno meglio assimilate di quelle ricavate dalla lettura di un sussidiario. L'interesse per la materia sarà più intenso, perché la ricerca con i suoi successi e le sue traversie riesce a tenere più vivo l'interesse del fanciullo.
  3. Sviluppare nel bambino la capacità di lettura critica dell' informazione, serve a creare nel bambino la consapevolezza che ogni giudizio e discorso storico devono avere il fondamento nella ricerca e nell'analisi delle fonti e che la ricostruzione del fatto storico è il risultato di un confronto di operazioni tecniche e scientifiche. E' sperabile, infatti, che l'acquisizione di consapevolezze di questo tipo contribuisca a porre le basi per leggere in modo sempre più consapevole i risultati di ricerche compiute da altri.
  4. Questa materia è vista come uno studio del passato che serve a vivere nel presente; infatti tra gli obiettivi di questa disciplina non ci sono soltanto nozioni ma anche un corredo di strumenti conoscitivi che il bambino deve usare per comprendere la realtà ed operare in essa.

Considerazioni piagetiane sul concetto di tempo nel bambino

Cinquant'anni or sono, Piaget sosteneva che "niente sembri più adatto a determinare la tecnica dell'insegnamento della storia che uno studio psicologico delle attività spontanee del bambino, per quanto primitive e trascurabili possano apparire alla prima impressione".

Secondo Piaget le deformazioni che il bambino compie nella raffigurazione del passato collettivo, dipendono da due componenti generali del pensiero infantile: egocentrismo e insufficiente sviluppo della nozione di tempo.

In un primo momento il bambino concepisce il passato come del tutto differente dall'oggi; in realtà il passato non è per il bambino che una sorta di calco del presente. Il passato è vissuto come un vasto serbatoio dove si trovano riuniti tutti gli embrioni delle macchine e degli strumenti contemporanei.

Il passato non è né lontano né ordinato in epoche distinte. L'umanità resta sempre uguale a se stessa, e soprattutto, l'universo è centrato sul paese e sulla città alla quale appartiene il soggetto. L'egocentrismo si ritrova così nel settore storico come in tutte le rappresentazioni del bambino.

Per quanto riguarda il tempo, possiamo dire che a livello preoperatorio, mediamente sui sei-sette anni, non esiste ancora una nozione di tempo omogeneo, ma esistono tanti tempi disgiunti, strettamente connessi alle azioni specifiche: il bambino è ancora incapace di collocare eventi e durata in un unico sistema logico nel quale si integrano rapporti di successione ed intervalli. Così, ad esempio, se due oggetti in movimento partono e si arrestano contemporaneamente, ma uno compie un tragitto maggiore per la più alta velocità, il bambino generalmente contesta la simultaneità degli arresti e l'oggetto che è andato più lontano e più veloce è generalmente giudicato aver impiegato più tempo.

Intorno ai sette-otto anni si trovano dei progressi che avviano il bambino ad una concezione operatoria del tempo; in particolare un passaggio fondamentale si ha quando la durata non viene più intesa in funzione diretta della velocità, ma in funzione inversa: la comprensione della relazione più veloce-meno tempo è basilare per acquisire il tempo operatorio.

L'uso diretto di un vocabolario "temporale" è già abbastanza ampio intorno ai tre-quattro anni: a quest'età molti bambini usano già espressioni connesse ai ritmi della vita familiare e sanno servirsi dei termini "prima" e "dopo" in situazioni semplici.

Tuttavia la capacità di comprendere una sequenza articolata di eventi narrati (racconto, fiaba) sarà il frutto di un tragitto lento e tortuoso. Secondo le ricerche di Piaget, l'incapacità di collocare gli eventi in una serie coerente prima di sette-otto anni, deriva dall'assenza della nozione di ordinamento nel pensiero dei piccoli. Egli riporta le difficoltà del bambino a capire due concetti che rimangono fondamentali nella sua concezione: il sincretismo e l'irreversibilità del pensiero infantile.

Il sincretismo è una visione d'insieme senza obiettività e giustificazione: esso risulta dall'incapacità di comprendere le cose diversamente da come sono date nell'osservazione immediata. Altro carattere principale del pensiero infantile prima dei sette-otto anni è la sua irreversibilità, cioè l'incapacità della mente di tornare al punto di partenza dell'azione.

Questa irreversibilità spiega, in primo luogo, la difficoltà del bambino a sbarazzarsi di un'idea sincretica quando questa è apparsa nella sua mente. Allo stesso tempo spiega la difficoltà del bambino a dedurre le conseguenze a causa di un'immagine data. Infine spiega l'assenza di ordine nel tempo. In breve, i piccoli si limitano a considerare il primo ordine che viene loro in mente e lo considerano come il solo possibile. Però lo stesso Piaget fa anche alcune ammissioni:

se le risposte dei bambini appaiono poco probabili, non vuol dire che siano assurde;

le nozioni di prima e dopo, con rapporti causa-effetto semplici, sono già acquisite in bambini di cinque-sei anni.

"Abbiamo presentato ai bambini due sole immagini rappresentanti una la causa, l'altra l'effetto. Presentato in questa forma il problema è stato risolto correttamente da tutti i bambini di cinque e sei anni. La nozione di successione di tempo è dunque ben acquisita".

Va tenuta distinta la sequenzialità che si trova in situazioni dirette estremamente semplici, da quella inserita in sequenze narrative. Sul piano dell'osservazione i rapporti sono già ben ordinati nei bambini di sei anni; è sul piano della narrazione che si confondono di nuovo.

Secondo Piaget il tempo non è indipendente dagli avvenimenti. Non esiste il tempo prima degli eventi; l'esigenza del tempo non è altro che il loro intreccio, fondato sulle relazioni causali che il pensiero stabilisce tra gli eventi.

Visto con occhi moderni questo concetto, che costituisce un riferimento importante, presenta però alcuni punti deboli. In Piaget infatti c'è una contraddizione di fondo che rimane irrisolta. Infatti se da una parte egli sostiene che: "Nel bambino è assente la nozione di ordinamento temporale", allo stesso tempo egli presuppone che non si può distinguere una nozione di tempo astratta dalle situazioni concrete a cui si vincola.

Critiche a Piaget.

ANN BROWN

Un atteggiamento più risolutivo delle possibilità dei bambini, è presente in Ann Brown che mette anche in discussione l'affermazione piagetiana secondo cui la ricostruzione dell'ordine di una serie di eventi dovrebbe implicare la reversibilità operatoria del pensiero. Questa ricercatrice vuol stabilire se i problemi dei bambini siano davvero causati dalla difficoltà nel comprendere l'ordine delle sequenze incorporate nei racconti, o piuttosto da deficienze di altro tipo (es. legate al linguaggio).

Se un bambino trova difficoltà nel resoconto verbale di una storia perché ha problemi con il raccontare, egli dovrebbe, ragionevolmente, essere capace di riprodurre l'ordinamento con la ricostruzione e il riconoscimento. Ann Brown afferma che: "il bambino di cinque anni è capace di riprodurre l'ordine degli eventi in una storia, se la sua memoria è valutata con i mezzi del "riconoscimento" e della "ricostruzione". E' il compito di raccontare la storia verbalmente che presenta difficoltà per i bambini piccoli"

NANCY STEIN e CHRISTINE GLENN

I dati e le riflessioni presentate da Stein e Glenn forniscono un ulteriore contributo critico nei riguardi dell'ottica piagetiana. Dai loro dati risulta che bambini di quattro anni possono ricomporre correttamente una storia semplice in disordine, purché essa si presenti con i caratteri di una "buona storia" poiché le maggiori difficoltà incontrate potrebbero essere spiegate sulla base del fatto che non appaiono ben differenziate le fasi iniziali della storia.

In sintesi, le ricerche di Brown, Stein e Glenn, non tendono più ad attribuire all'assenza della "nozione di tempo", le difficoltà di comprensione dei bambini che sarebbero invece connesse soprattutto con la modalità linguistica del resoconto. Con prove non linguistiche e con materiale chiaramente strutturato, bambini già di quattro-cinque anni sono capaci di riprodurre ordinamenti nella forma attesa dallo sperimentatore. Assieme alla fondamentale nozione di tempo il bambino dovrà aver acquisito anche quella di prima e di dopo, di successione, di contemporaneità ed infine quello di irreversibilità delle azioni.

Linguaggio storico

Un altro problema, non meno importante, riguardante l'insegnamento della storia, è la comprensione del linguaggio storico. E' un'illusione sperare che la comprensione del linguaggio storico avvenga per via spontanea con la consuetudine all'ascolto e alla lettura secondo il principio che il contesto spiega il significato della parola ancora sconosciuta o dell'espressione inusitata.

Al contrario spesso le incomprensioni si sommano, un fraintendimento iniziale può provocarne a catena numerosi altri e il prodotto finale di tutto questo gioco degli errori, si rivela all'improvviso nel corso di una interrogazione o prova scritta, con effetti che sono esilaranti e sconfortanti nello stesso tempo.

Paradossalmente sono proprio i sussidiari che presentano le maggiori difficoltà di lettura. Le numerose difficoltà di comprensione non derivano dalla terminologia tecnica, la cui presenza nei testi scolastici è, tutto sommato, contenuta e che è oggetto di particolare attenzione da parte degli insegnanti, ma si nascondono piuttosto nel linguaggio comune di cui si servono di tanto in tanto sia gli storici di professione che gli autori di manuali scolastici di storia.

A nove-dieci anni sono di problematica comprensione tutti i concetti astratti (progresso, crisi, sviluppo, civiltà, libertà) di cui gli storici fanno largo impiego. In altri casi sono possibili interferenze fra più significati della stessa parola (chiesa come istituzione e chiesa come edificio). Possono emergere delle confusioni fra termini di significato affine, pensiamo alla serie "rivoluzione", "rivolta", "ribellione", "sommossa", "sedizione". Ma il terreno più fertile di fraintendimenti è costituito dall'uso di espressioni metaforiche come "alimentare il malcontento", "soffocare la rivolta", "ristagno dell'economia", ecc.

Per il fanciullo, infatti, la metafora è spesso un suggerimento a vuoto, un'illusione che non può capire. Probabilmente con gli scolari servirebbe di più, volendo usare un linguaggio figurato, la similitudine, di cui la metafora è una forma abbreviata.

La storia nei nuovi programmi '85

Fino ad oggi lo studio della storia raramente è andato oltre l'apprendimento di una sequela di aneddoti e di storielline superficiali, riguardanti uomini illustri ed avvenimenti eccezionali. Lo studio della storia nei nuovi programmi '85, è posto in chiave fortemente critico-cognitiva. Esso richiede un insegnante in grado di stimolare e di sviluppare negli scolari il passaggio dalla cultura vissuta assorbita direttamente dall'ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale.

Ciò significa scoprire, attraverso le testimonianze del passato, diverse culture affermatesi in tempi e spazi diversi. Questo studio favorisce altresì lo sviluppo della sensibilità e del rispetto di ciò che è alterità, diversità in funzione dell'attivazione di capacità, di comprensione del punto di vista di quanti appartengono a civiltà diverse dalla nostra. Sempre nei nuovi programmi, un approccio all'etnografia, nella scuola elementare, sembra in primo luogo interessante proprio per avviare il superamento dell'etnocentrismo. Ma lo studio di culture diverse appare utile per conoscere usanze o conoscere società più semplici che ci possono aiutare a riflettere sulle strutture che sono alla base di ogni società umana.

Con lo studio della storia, il bambino sarà aiutato a superare l'etnocentrismo, ma anche l'egocentrismo grazie al lavoro di gruppo.

Il lavoro di gruppo è molto utile ed efficace ai fini educativi, perché oltre a stimolare basilari processi di socializzazione, favorisce, attraverso la discussione, il confronto delle ipotesi e la circolazione delle conoscenze.

Il momento della discussione collettiva è importante non solo per presentare l'argomento, ma perché permette ad un insegnante attento di scoprire le strategie che i bambini usano nei tentativi di interpretazione, cose molte importanti per continuare il lavoro.

Conclusioni

Concludendo, l'azione di ricostruzione del passato si pone dunque come il sistema più efficace affinché l'apprendimento della storia non si limiti ad essere un semplice accumulo di fatti e personaggi, ma contribuisca allo sviluppo e al consolidamento di criteri metodologici e strutture cognitive che permettano all'alunno di indagare autonomamente di problematizzare, ipotizzare, verificare, confrontare, esprimere giudizi.

La scoperta del passato è un percorso utile per risvegliare la consapevolezza dei collegamenti stretti esistenti tra fatti, conseguenze e diverse congiunture e per stimolare le nuove generazioni nella progettazione di un futuro migliore.

BIBLIOGRAFIA

A.V. , Maestri anni novanta, Le Monier, Firenze, 1992.
CALVANI , A. , Il bambino, il tempo, la storia , La Nuova Italia, Firenze, 1988.
CALVANI, A. , L'insegnamento della storia nella scuola elementare, La Nuova Italia, Firenze, 1986.
LANDI, L., Metodi e tecniche per insegnare storia, Giunti e Lisciani, Teramo, 1988.


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