INTRODUZIONE

La versione completa della recensione è prelevabile in formato zip ed è stata realizzata da gnoriz@tiscalinet.it (Giorgione)

L’idea di analizzare il film di Scorsese è nata dall’interesse che ha suscitato in me il titolo del film.

Pensare all’ultima tentazione di Cristo come un qualcosa di definitivo mi faceva pensare ad una rilettura ironica del titolo stesso.

Vedevo in pratica l’impossibilità dell’uomo di credere che Cristo potesse essere  stato messo alla prova in più di una occasione e che vi fosse stata un’ultima volta in cui egli fosse stato tentato.
Le tentazioni a cui è stato sottoposto Cristo si ripercuotono quotidianamente sugli uomini. Cristo rimarrà anche quando non ci saremo più e le prove alle quali è stato sottoposto si ripresenteranno nuovamente agli uomini che verranno. Cristo non è stato tentato, bensì è tentato giorno dopo giorno per chi si avvicina a lui.

  Vedere il film mi ha fatto capire la limitatezza del soggetto sviluppato, l’incapacità del regista di rendere perpetuo e continuo un valore. L’ultima tentazione di Cristo se potesse essere rappresentata mediante un curva sarebbe una curva che termina  da dove è partita. Il film sembra essere legato troppo al tempo in cui è stato confezionato piuttosto che tentare di scavalcarlo e soffermarsi su dei valori assoluti.

Esiste una coerenza superficiale con il testo sacro ma se proviamo ad avventurarci in una lettura psicologica del Gesù-uomo, come ha voluto lasciare intendere Scorsese, l’attualizzazione segnala piuttosto una difficoltà di fondo a comprendere l’antropologia biblica; un’antropologia in cui non c’è esasperazione manichea nella contrapposizione fra uomo e la sua spiritualità: il Dio biblico è un Dio che visita spirito e corpo e li salva entrambi.([1]bibbia e cinema pp. 54-55) 



[1] A. Bourlot, dall’attualizzazione allo scandalo, in AA.VV., Bibbia e cinema, Milano, CA, 1998, p, 54-55.


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