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L’esplorazione finora compiuta, gli autori visitati, le problematiche aperte
ci restituiscono un’immagine degli anziani non ancora ben definita, dai
confini ampi, dalle mille sfaccettature. Mi rendo conto che l’immagine
culturale, proprio perché legata alla cultura stessa, è fortemente
condizionata dal contesto dal quale emerge. Anche il clima politico e
sociale dominante può contribuire ad accentuare alcuni fattori e a
trascurarne altri, ritenuti meno importanti, così da stimolare un’immagine
complessivamente positiva, o negativa, della vecchiaia, al di là degli
aspetti oggettivi dell’analisi. Direi che l’immagine complessiva si pone al
servizio di un ideale, di una politica, o più in particolare di un progetto,
di un programma d’intervento. Ritengo che l’immagine culturale della
vecchiaia, che ognuno di noi si costruisce in modo più o meno cosciente,
condiziona i pensieri e le azioni che quotidianamente pratichiamo nei
confronti degli anziani.
In sintesi da quanto esposto in questo capitolo emergono quattro aree
problematiche attorno alle quali ciascuno si costruisce la sua immagine, in
parte condivisa, in parte originale, della vecchiaia.
Una prima area tematica può essere considerata sicuramente il fattore
economico che, come abbiamo visto, è uno degli aspetti rilevanti della
cultura capitalistica. L’immagine dell’anziano, da qualsiasi ambito prenda
le mosse, non può prescindere perciò dall’aspetto economico. La seconda area
tematica si riferisce alla collettività: l’immagine della vecchiaia ha senso
oggi se è legata alla comunità sociale di cui si fa parte. Tutti gli autori
citati non parlano di vecchiaia se non all’interno di un discorso che assuma
la comunità quale contenitore. Lo si può fare in termini negativi: è il
discorso della de Beauvoir, per la quale è la società a decidere della sorte
dei vecchi; oppure lo si può fare in termini positivi, quali quelli
elaborati della Molinatto, che approfondisce il concetto di anziano
“risorsa” per la comunità.
La terza area tematica la definirei un percorso di benessere, ritrovando in
questo un filo che lega tutti i paragrafi, con le diverse riflessioni degli
autori citati. Anche l’opposizione estrema alla rassegnazione, come
l’espressione della noia quale percezione maggiormente presente nella vita
di un anziano, possono essere interpretati come il primo passo verso un
cambiamento, e il cambiamento non trova appoggio o stimoli se non è
percepito come un possibile miglioramento.
La quarta ed ultima area tematica vede protagonista lo stereotipo, che può
sfociare in pregiudizio, che conforma le azioni discriminatorie. La
riflessione sull’immagine culturale della vecchiaia non può tralasciare di
considerare le influenze dello stereotipo negativo che domina la vita
quotidiana di ciascuno, a prescindere dall’età.
In questo primo capitolo non mi proponevo tanto di dare conto in modo
diffuso dell’immagine, quasi preconfezionata, di una realtà che abbiamo
visto essere dinamica e variegata, quanto di stimolare una riflessione
personale. Ritengo che tutti siamo coinvolti nella costruzione di
un’immagine della vecchiaia, che elaboriamo partendo da un piano individuale
e trasmettiamo riflettendolo, quasi in un gioco di specchi, su quello
sociale.
Per quanto mi riguarda, l’esigenza di chiarirmi le idee, di definire meglio
quale sia l’immagine che io desidero proporre della vecchiaia, ma
soprattutto di esaminare le fonti che contribuiscono a creare quest’immagine,
ha preso le mosse da un contesto pratico di relazione con gli anziani
assistiti dai servizi, da cui ricavo messaggi che entrano in conflitto con
percezioni personali legate al ruolo e alle caratteristiche dell’educatore
professionale. La mia esperienza personale di contatto diretto con gli
anziani, oltre al rapporto affettuoso di vicinanza con i nonni della mia
famiglia, mi permette di conoscerne molti altri nell’ambito del mio lavoro e
altri ancora attraverso la Comunità di S. Egidio, che da molti anni si
propone di instaurare una relazione di amicizia tra giovani e anziani. In
questi ambiti per lo più mi trovo a contatto con anziani che vivono una
particolare situazione di disagio e che spesso sono costretti per diversi
motivi a chiedere un accoglimento in Istituto. In questo senso avverto che
il rischio per me è di costruirmi un’immagine degli anziani come persone
malate, che hanno bisogno di assistenza e cure, con tutto quello che ne
consegue. L’atteggiamento relazionale che attuo con gli anziani rischia
sempre di essere veicolato dalla finalità assistenziale e mi rendo conto che
quest’aspetto tende ad accentuare una relazione asimmetrica. Tuttavia,
vivendo accanto a queste persone, io traggo delle lezioni di vita molto
importanti, proprio perché sono anziani che attraversano un periodo critico
della loro vita, il momento segnato dalla malattia, dalla perdita di
autonomia, dall’avvicinarsi della morte, realtà dolorose di cui si rendono
più o meno conto. Molte sono le loro reazioni, le strategie di adattamento
alla vita dell’istituto, che si presenta profondamente diversa dalla vita
condotta da loro fino a quel momento.
Stupisce constatare con quanta caparbietà ci si attacchi alla vita, quando
tutti ti danno per spacciato, quando tutti ritengono in fondo auspicabile
che in quelle condizioni la morte arrivi al più presto, quasi a porre fine
ad una sofferenza senza senso. E invece questi anziani ci dimostrano quanto
la vita sia degna di essere vissuta, anche in condizioni precarie, anche
dopo aver perso tutto, in primis la capacità di decidere per quanto riguarda
la propria persona e le proprie cose.
Mi rendo conto che la mia visione del mondo della vecchiaia è parziale,
perché elaborata sulla base dell’auto-riflessione, di un’esperienza
concreta, di un approfondimento bibliografico, tutte esperienze che non sono
assolutizzabili. Se anziché anziani ricoverati negli Istituti io avessi
conosciuto solo anziani che frequentano l’Università della Terza età o
quelli che affollano le navi da crociera o compiono viaggi culturali,
probabilmente mi sarei costruita una ben diversa immagine della vecchiaia.
Un’immagine più ampia e completa potrebbe venire probabilmente dall’analisi
di romanzi, di films che parlano di anziani, ma anche dalla disanima di come
vengono presentati gli anziani dai media, nella pubblicità, nelle riviste,
quali sono le notizie di cronaca riguardanti gli anziani a cui viene data
maggior rilevanza dalla stampa. Tutto questo contribuisce all’immagine
culturale, partecipata e condivisa dalla comunità sociale. Questi sono degli
spunti per il proseguimento della ricerca, ma allo stesso tempo sono delle
ragioni per non ritenere concluso un lavoro, che riguarda tutti
indistintamente, cioè quello di riflettere su fatti e contenuti riguardanti
la vecchiaia, con cui tutti i giorni veniamo a contatto.
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